Il nostro terzo appuntamento è stato caratterizzato dalla chiusura temporanea delle attività in presenza, decretato giusto un’ora prima del suo inizio. Il Covid ha mandato in quarantena alcune classi e per precauzione la direzione della scuola ha deciso di interrompere tutte le attività extracurriculari in presenza, nell’intento di salvaguardare il più a lungo possibile le lezioni mattutine in classe. Quindi oggi abbiamo trovato riparo dietro lo schermo dei nostri device e per qualche tempo proseguiremo il laboratorio a distanza. Non sarà facile ma faremo del nostro meglio con ciò che ci è concesso di fare.
Almeno un aspetto positivo nell’incontrarsi in DAD c’è ed è quello che, finalmente, possiamo vederci in viso, senza mascherine che nascondono sorrisi e nasi bellissimi. Così una piccola soddisfazione, una piccola rivincita nei confronti della sfortuna che ci rintana tutti in una videoconferenza, ce la siamo presa con boccacce e linguacce on line, inflitte al destino con la scusa di allenare una corretta articolazione delle parole.
Una delle difficoltà del fare esperienza di teatro, specie se “a distanza”, sta nel fatto che si tratta di una attività che rifugge da eccessive teorizzazioni. Più che di regole assolute, si nutre di artigianalità, intuito, fantasia e talento, da scovare e sviluppare. Mi torna in mente una risposta con cui Jacques Lecoq ci richiamava alla concretezza, durante uno stage presso la sua scuola parigina, quando indugiavamo troppo nella concettualizzazione: “c’est ton problème”, è un tuo problema, non tanto del “fare teatro”. Oggi, dopo alcune semplici spiegazioni sul funzionamento della voce e della parola con relativi esercizi e dimostrazioni, abbiamo riletto la prima parte di una breve storia su cui stiamo lavorando e che inizia proprio col tentativo di Giulio di invitare finalmente fuori Agata, a lockdown e coprifuoco terminato, per festeggiare insieme la fine delle restrizioni. Leggere queste prime battute esattamente il giorno in cui si è rimaterializzato lo spettro del confinamento è stato un po’ sconfortante. Ma temo più per me che per loro, dato che loro in qualche modo si sono già dovuti abituare, nel corso della pandemia, a questa normalità di vita surrogata.
Così abbiamo provato diverse distribuzioni delle parti facendo un po’ a rotazione tra tutti. Ora le idee sono un po’ più chiare sulla possibile assegnazione dei ruoli. Ma il copione deve ancora crescere. Andremo avanti con questo lavoro, sperando che torni presto il momento di tornare in carne e ossa a invadere il nostro spazio fisico. Faremo quello che la DAD ci consente e visto che almeno ci libera dalla mascherina, sperimenteremo qualche esercizio particolare per migliorare l’uso della voce; e lavoreremo sulla lettura, soffermandoci su quegli aspetti della recitazione su cui dal vivo avremmo comunque dovuto sorvolare per mancanza di tempo.