Pensate, immaginate, un breve pezzo narrativo. Che sia anche solo un inizio, mezza pagina. Non preoccupatevi della trama o dello sviluppo e nemmeno della conclusione o del titolo. Per ora preoccupiamoci del tema: giardino, di casa, di condominio, di quartiere, segreto, abbandonato… aiuole, terra, zolle verdi o secche o dure o biondeggianti… vasi, balconi e nonne che innaffiano… Ci mettiamo dentro un personaggio, lo presentiamo in terza persona: si aggira, guarda, agisce – potete far intervenire un altro personaggio (nonna, mamma, vicino, animali…). Chi è? siamo noi da piccoli, ricordi di racconti, oppure invenzione pura, sogno, fantasia, fiction. Oppure il personaggio è colui che racconta, in prima persona e ricorda, rievoca… bosco, valle, campi, verde della sua infanzia. E ci saranno nomi di piante, fiori, attrezzi, azioni perdute, antiche o di sempre… Giardini dell’infanzia e del condominio, ritorni, ricordi. E poi la natura, riscoperta, dopo tanta vita. Siamo così, noi Penne del corso, abbiamo visto tanto e ci piace risentire. ECCO, QUESTO ABBIAMO FATTO.
La quercia caduta, di Giorgio Rossi
Quando mi sono alzato ieri mattina, ho notato che il corridoio dell’appartamento era più luminoso degli altri giorni e la cucina più illuminata. Subito non mi sono dato una spiegazione, non immaginavo cosa poteva essere successo, da dove arrivava tutta quella luce. Ho guardato fuori della finestra e per qualche istante sono rimasto con il respiro sospeso, come se il tempo si fosse fermato: la grande quercia al centro del giardino con l’enorme chioma che proteggeva la mia casa dal sole, era stata abbattuta, stesa a terra lungo la siepe. Incredulo sono sceso, ho attraversato frettolosamente il prato, sperando che quello che appena avevo visto fosse un brutto sogno e magari avrei trovato la quercia al suo posto, bella e imponente come sempre. Non era un sogno, era tutto vero. La quercia giaceva a terra con la sua bellezza. Nella notte un vento furioso l’aveva abbattuta, sradicandola. Sembrava un gigante vinto da un avversario troppo forte durante una lotta impari: le radici divelte, completamente fuori terra, come lunghe dita nodose che avevano perso la presa sul terreno incapaci di resistere alla forza della bufera. In giardino un silenzio inquietante, di morte. Il fruscio del vento sulle foglie non si sentiva più. Mi sono sentito solo, privo di una presenza familiare.
Fiori, fiori, fiori del Corso, di Carla Gilari
Siam tutti qui intorno, fiori in questo giardino! Possiamo essere belli e alteri, o piccoli, delicati e profumati. Siamo Girasoli. Giriamo attorno al sole, cerchiamo il sole, ne abbiamo colore e forma. Diamo sensazione di gioia, di letizia, un inno alla vita. Ecco, sono il Calicanto. Io resisto al gelo, in greco il mio nome significa fiore d’inverno. Ho rami con piccoli, delicati fiorellini gialli, belli sì ma soprattutto profumati, a precederci c’è il nostro profumo inebriante, forte e persistente, che spargiamo intorno. Voilà la Mimosa, fiori delicati, fiocchi gialli, quasi impalpabili. E io l’Iris, bello, elegante, con foglie verdi di sincerità e saggezza: trasmetto sentimenti profondi e positivi, assoluta fiducia, affetto e amicizia. Sono la piccola Viola, con striature gialle, bella in mezzo all’erbetta, i miei fiorellini a forma a cuore. Ed io il Glicine, di color lilla o azzurro, riunito in grappoli, simbolo di longevità. Ed io la bianca Calla, svetto elegante, altera ma non altezzosa, lineare e sobria. Gelsomino: arbusti rampicanti con fiorellini piccoli, lievi e con un profumo intenso, sto bene con molta luce, seppure non diretta del sole, e non amo le correnti fredde… Allora, Chi si rappresenta con Chi? Voglio salutarvi tutti, miei compagni di questo breve ma intenso percorso, ringraziando soprattutto il Giardiniere che ci ha curato e coltivato a distanza in questo particolare periodo.
Siamo un giardino, ma senza annoiare e con ironia, di Giorgio Zanellato
Chi sono? Sono davvero io quello che scrive i compitini per casa? Mi rappresentano? Me ne sono riletti alcuni e una conclusione l’ho trovata: sono io! Nel raccontare piccoli avvenimenti di vita quotidiana ho volutamente tralasciato la descrizione pedissequa di luoghi, ambienti e persone, per privilegiare l’azione, il fatto concreto nella sua essenzialità. Dato che “siamo in un giardino!”, ritengo che il lezioso e il forzato manierato dovrebbero avere dei limiti di stesura. Ecco perché se il soggetto è un fiore non ritengo utile la descrizione del colore dei petali, della lunghezza del gambo, del profumo che emana, ed altri particolari simili. Il lettore non può essere deviato dal soggetto principale, ma solo aiutato a comprenderlo, cioè a idealizzarlo e, se possibile, a viverlo. Nei miei raccontini privilegio l’ironia rispetto alla piattezza di una descrizione sempre uguale, sempre ripetitiva, sempre purtroppo prevedibile. Terminare un raccontino con un finale a sorpresa, tendente a minimizzare la seriosità di ogni comportamento umano, vale per me e per il lettore, credo, come stimolo a recepire simpaticamente quanto ci è stato sottoposto.
Giardino, di Annamaria Evangelista
Quando si dice giardino, subito vengono in mente gli alberi, il verde dei prati, i fiori, un appezzamento di terreno recintato più o meno ampio, con le piante coltivate a scopo ornamentale. Così è anche il giardino di Lei, esclusa la piccola zona con piante aromatiche e, in estate, qualche piantina di pomodorini. Lei ama andare per il giardino, guardare le piante, toccarle, eliminare i rametti e le foglie secche, annaffiare e… Purtroppo in inverno tutto sembra soffrire: i rami del cachi sono completamente spogli, i rosai con poche foglie macchiate di ruggine e qualche piantina completamente secca non estirpata in autunno. In questi giorni non molto freddi, però spicca il giallo vivo del gelsomino d’inverno…