Incontro particolare quello di venerdì: eravamo davvero in pochi, solo sette partecipanti. Il Covid ci impone di essere flessibili, di coltivare pazienza e creatività nell’affrontare ogni giorno con gentilezza e, comunque, gratitudine.
Come sempre abbiamo aperto con i tre minuti di respiro (la metafora della clessidra) e il feedback delle esperienze fatte a casa dai ragazzi. Dato il numero limitato di ragazzi, abbiamo deciso di lasciare un po’ più di tempo alle condivisioni, tutte molto interessanti.
Una delle pratiche da svolgere a casa era quella di dipingere a mano libera, anche con le stesse dita, l’emozione presente al momento, senza pensarci troppo. Lasciare andare la mano, libera, cercare di stare in quello che sorgeva, riconoscere l’emozione, darle un nome e descrivere le sensazioni riconoscibili nel corpo. I disegni sono stati presentati, i ragazzi sono stati molto esaustivi e l’esperienza è loro piaciuta. Ci hanno riferito che praticano alcuni esercizi proposti, come la camminata consapevole, i tre minuti di respiro, la respirazione del “palloncino”, il bodyscan e anche gli esercizi del Movimento consapevole (Mindful Yoga).
Abbiamo proposto un video di Rob Nairn, insegnante emerito di Mindfulness e fra i fondatori del dipartimento di Mindfulness Studies presso l’Università di Abardeen, Scozia. Illustrava il potere della gentilezza, dell’accettazione e della self compassion per portare calore nelle esperienze, per superare l’idea di fallimento e di imperfezione che è parte dell’essere umano. Comprendere che tutti, ma proprio tutti soffriamo per non sentirci all’altezza, che fatichiamo nel darci coraggio e calore, che tutti ma proprio tutti siamo desiderosi di tenerezza e accoglienza, è elemento fondamentale per trarre beneficio da ogni esperienza che la vita ci potrà proporre.
Non possiamo fermare i pensieri giudicanti, ma possiamo non crederci e non incoraggiarli.
Abbiamo introdotto ai ragazzi elementi di compassione e accettazione, ricordando che spesso i sentimenti di inadeguatezza e delusione sono condivisi da tutti, che tutti gli esseri umani commettono errori, fanno scelte sbagliate, che l’esperienza umana è di sua natura imperfetta. L’imperfezione fa sì che la crescita e l’apprendimento siano possibili e che ci piaccia o no, il principale modo in cui impariamo è spesso cadere a faccia in giù, come quando imparavamo a camminare…e non per questo abbiamo smesso di provarci! Cerchiamo di comprendere che la sofferenza emotiva è causata dal desiderio che le cose siano diverse da quelle che sono, in questo momento, ora. Opponiamo resistenza alla realtà che sta accadendo, da qui la sofferenza.
Ho presentato il Sutra delle frecce, antico insegnamento orientale. Tutti noi siamo colpiti regolarmente da una prima freccia, che è quella del dolore inevitabile della vita: la malattia, la perdita, la vecchiaia e la morte. La maggior parte di noi viene poi colpita da una seconda freccia, più dolorosa della prima, perché colpisce l’area del corpo già sofferente. Questa freccia si chiama “ossessione della resistenza”: non voler sentire il dolore della prima freccia! Così molti di noi mettono un’enorme quantità di energia nel resistere, evitare, sopprimere o dissociarsi dalla prima freccia, perché non vogliamo proprio sentire quel disagio, quel dolore. Tutto questo non funziona naturalmente! Rob Nairn dice che la prima freccia è il 10%, la seconda freccia il 90% del problema! Il dolore è inevitabile, la sofferenza è facoltativa.
Clive Holmes, insegnante di meditazione e di Mindfulness presso il Tibetan College di Samye Ling, ha sottolineato come molti siano colpiti anche da una terza freccia (non contenuta nel Sutra originale) che può diventare un colpo mortale per la nostra autostima: pensare che vi sia qualcosa che non va in noi proprio perché siamo stati colpiti da due frecce: questa è la freccia della vergogna. La sensazione di essere sbagliati ci ferisce profondamente e pensiamo di venire respinti.
“Il problema con la vergogna è che non ci mette in clandestinità con gli altri, ma anche da noi stessi” afferma Paul Gilbert, psicoterapeuta e ricercatore, studioso da oltre vent’anni della terapia basata sulla Compassione, insegnandoci come poter accogliere il disagio di certe emozioni e a generare gentilezza e sostegno per far fronte alle altre due frecce. Al termine, dopo alcune riflessioni di gruppo, ho proposto una pratica per aprirsi con gentilezza, calore e tenerezza all’ascolto dell’esperienza presente. Riportare alla memoria un’emozione difficile, osservare come si presenta nel corpo, quali sensazioni sorgono; suggerisco di mettere una mano nel cuore, sentirne il calore e la presenza e di ripetere in silenzio alcune frasi tipo: “Possa io essere al sicuro. Possa io essere gentile con me stessa. Possa io accettarmi come sono. In questo momento è così, ti voglio bene, non sei sola. Sono qui con te, ti ascolto.” Si suggerisce anche di creare delle frasi che si pensano più appropriate a se stessi e all’emozione. Al termine abbiamo chiesto ad ogni partecipante che cosa avessero sperimentato ed è stato interessante e toccante notare commozione e il desiderio di riproporsi individualmente la pratica per poter accogliere in sicurezza emozioni e giudizi difficili.
Ringrazio le ragazze e i ragazzi per la loro sincerità, per il desiderio di sperimentarsi e per il sorriso caldo e sincero del nostro:” Arrivederci a venerdì!”
Anne