Il nostro training Mindfulness si distingue per due tempi di lavoro complementari: la prima parte è dedicata ai metodi per stabilizzare la mente, evitare la distrazione e portare l’attenzione ad un supporto, mentre la seconda parte riguarda la nostra attitudine, l’atteggiamento di auto-accettazione che permette di evitare una reattività esacerbata agli stimoli e di allenare la capacità di rispondere ad essi in modo proattivo. Sarà un incontro denso di emozioni e di considerazioni personali: una sessione certamente non semplice, ma pensiamo davvero importante per poter offrire agli studenti l’opportunità di trovare risorse per riconoscere attaccamento e avversione verso le emozioni. Risorse che permettono di riconoscere e ammorbidire la sofferenza di determinati atteggiamenti quali la chiusura, l’evitamento, la fuga e l’attacco che si nutrono di non-accettazione delle esperienze. La presenza del videomaker del progetto, Davor Marinkovic, che filmerà l’incontro con estrema discrezione e partecipazione, diviene occasione di curiosità per i ragazzi, si sentono “visti”. Iniziamo come di consueto con la pratica dei Tre Respiri e, di seguito, con la condivisione delle esperienze svolte durante la settimana. Riconoscere le sensazioni legate alle emozioni, nominarle, respirarci dentro ed evitare la reattività abituale è stata esperienza condivisa da alcuni ragazzi: “Ho sentito la rabbia, forte, dentro la pancia. Ho sentito la pancia e la gola che si tendevano. Ho respirato e respirato, ho atteso qualche minuto e ho visto che in parte si scioglieva, non spariva certo, ma non era la stessa dell’inizio.” “ Mi dicevo che dovevo continuare a studiare, che non sapevo perfettamente la lezione, ma ero davvero tanto stanca. Allora mi sono detta che potevo andare a letto e che mi sarei alzata un pò prima la mattina per ripassare. Mi sono sentita rilassata e ho anche sorriso a me stessa. Per me è stato importante scoprire che potevo decidere di stare meglio e di ottenere anche un buon risultato!”. Anne ha introdotto la pratica del Palloncino, immaginato come una palla mantenuta con forza sotto l’acqua, metafora della difficoltà, dello sforzo per nascondere emozioni e atteggiamenti. Ho poi illustrato alla lavagna, un breve schema su non- accettazione e accettazione. La non-accettazione provoca sofferenza e da qui disagio e reattività che diventano chiusura e rigidità. Vi sono tre cause principali che alimentano la non-accettazione: 1) immagine di sé debole: nutrire la convinzione che si può essere felici solo solo se si diventa altro da noi; 2) coltivare l’idea che si debba essere perfetti: si avverte il dito accusatore (the big finger!) che continua ad accusare:” Stai sbagliando!”, “Non vali niente!”, “Sei il solito disastro!”. Un vero tormento che si cerca di zittire cercando di essere perfetti e all’altezza delle aspettative scatenando così un senso di fallimento, ansia e negazione; 3) Avere uno sforzo non realistico: avere l’idea che si debba essere sempre positivi, sperimentare emozioni e sensazioni positive, “ Va tutto bene!”, atteggiamenti che negano e sopprimono emozioni giudicate negative. Abbiamo posto domande ai ragazzi per portare l’attenzione ai loro comportamenti più consueti e, fra risate e sorpresa, abbiamo anche chiarito che tutto ciò fa parte dell’umanità condivisa, nessuno è esente dalla difficoltà di accettarsi per ciò che è. Si è anche chiarito che accettazione non significa affatto rassegnazione “ …eh sono fatto così…”, tutt’altro: l’accettazione prevede una visione chiara, oggettiva della situazione e, da qui, la possibilità di aprirsi a nuove possibilità di crescita e consapevolezza. Con i ragazzi poi abbiamo giocato a cercare verbi adatti all’accettazione e i relativi opposti per la non-accettazione ( ammettere-respingere, accogliere-negare, consentire-distrarsi, e così via). Vi è stata una vivace partecipazione nel trovare i verbi adatti e la successiva riflessione nei comportamenti personali, sottolinenando sempre come tutto questo fosse parte di ognuno di noi e di come stavamo imparando a notarli, accettarli senza giudizio. Dopo tanto riflettere occorreva introdurre il corpo come “strumento di meditazione” e così abbiamo proposto di lavorare con i Movimenti Consapevoli, dei semplici esercizi col corpo volti a ad acquisire presenza e consapevolezza attraverso la via somatica. Durante la pratica in piedi e a terra ho continuato a richiamare la consapevolezza ai pensieri presenti ( “non ce la faccio”, “resisto comunque”, “ mi annoio”, “ se ce la fa lei, allora ce la devo fare anche io” e così via…): pensieri e atteggiamenti così abituali da non essere quasi visibili alla consapevolezza eppure così potenti da determinare la qualità delle nostre relazioni personali e sociali. Gli studenti si divertono e cerco di stimolare la loro curiosità verso il corpo, verso le tensioni che è possibile allentare con il respiro e l’osservazione di come la mente si calmi quando spostiamo il focus verso il movimento. I ragazzi sono aperti e si stupiscono delle tante scoperte che stanno facendo, incontro dopo incontro, sviluppando fiducia in se stessi e negli altri. Vengono consegnate schede di lettura e di pratica sull’accettazione. E’ condivisa la traccia dei Movimenti Consapevoli per poter seguire la pratica a casa. Consigliamo ai ragazzi di creare una playlist di canzoni dedicate alle emozioni principali e un disegno a mano libera per un’emozione in particolare. Alla prossima settimana!
Chiara