Abbiamo approfittato della presenza di Mele, oggi nostro ospite in videoconferenza, per farci leggere da lui l’incipit del brano su cui abbiamo poi lavorato per farne lettura espressiva, tratto da La Sovrana lettrice di Alan Bennett. Ci siamo soffermati a valutare, in particolar modo, la fluidità e la calma da lui impressa nella lettura.
Ad Angelica, così come credo a tutti gli altri, questo è apparso essere subito un dato interessante. L’abitudine a “correre”, infatti, e a leggere ogni cosa come a voler scappare dalle parole stesse per non doverci riflettere troppo sopra, è la prima anomalia a cui porre attenzione per migliorare la lettura e per renderla più “espressiva”. Non è facile dato che l’abitudine a correre si impone, ma se in qualcuno di loro questa scoperta rimarrà impressa, col tempo potrà fare per loro la differenza. Invece la gestione del dialogo e dei generi ha incuriosito Maria. E passare dal discorso indiretto a quello diretto, difatti, non è così facile.
Venerdì della settimana scorsa in provincia di Udine un coetaneo dei ragazzi di quinta, nel corso dell’alternanza scuola-lavoro, è rimasto fatalmente vittima di un incidente avvenuto presso l’officina a cui era stato affidato in formazione. Ho pensato che fosse utile parlare della notizia con loro e di far provare loro a imbastire, on line, una breve improvvisazione verbale su questo tema.
Ho proposto alcuni ruoli, chiedendo ai ragazzi di esprimersi e di intervenire come avrebbe potuto fare il personaggio scelto. Il risultato è stato interessante, mostra che questo esercizio può reggere la distanza, per quanto solo verbalmente, e penso di riproporlo nelle prossime lezioni. Il teatro deve servire (anche) a questo, a farci domande e a farci riflettere sulle cose che accadono. E dalla stessa improvvisazione potremmo andare a dedurre le regole che la riguardano.
Lunedì scorso avevamo approcciato la lettura espressiva a partire dall’inizio di “Cuore di cane” di Bulgakof; perciò per la pratica di doppiaggio odierna ho predisposto alcuni reel tratti dall’omonimo film diretto da Lattuada negli anni ’70. Sono passaggi di scena utili a salire un gradino in più rispetto al doppiaggio di lunedì scorso, avendo qui il “labiale” della recitazione in inglese e il “sonoro” in un ottimo doppiaggio italiano (Alberto Lionello, Sergio di Giulio e altri). Ai ragazzi ho chiesto di “imitare” il doppiatore anche nei toni, perché, se da un lato questo potrebbe sembrare una limitazione alla loro personale capacità espressiva, dall’altro in questa fase propedeutica sono convinto che possa essere un modo efficace per far scoprire a loro stessi dei colori interpretativi che non sanno ancora di avere o che più semplicemente non sanno ancora tirar fuori. Si sono divertiti, anche se il tempo letteralmente vola e non concede il giusto spazio a tutti per potersi esercitare in tutte le proposte della lezione.