Osservare la mente instabile

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I ragazzi ci vengono incontro, salutano gentili e, come di consuetudine oramai, ci aiutano a creare uno spazio spostando le sedie nella grande sala. Stendono il materassino a terra e ci posizioniamo a cerchio.  Iniziamo l’incontro con la pratica dei tre respiri che aiuta a radicarsi e ad aprire la “porta” del nostro incontro dedicato alla meditazione camminata e alla pratica formale completa. Apriamo con un breve feedback sulle attività proposte per casa, comprese le attività informali come il lavarsi i denti, fare una doccia, il primo boccone del pasto e il modulo delle Attività Piacevoli.  Ci stupiamo sempre come, dopo i primi silenzi, i ragazzi ci parlino delle loro esperienze quasi desiderosi di condividere con noi e il gruppo le loro scoperte.

“L’attività piacevole per me è andare a letto dopo aver fatto tutti i compiti”

“Ogni volta quando mi lavo i denti provo a non pensare, ma la mente scappa!”

“Ho provato a fare i tre respiri quando mi sentivo in ansia e devo dire che funziona!”

“Ho ascoltato la traccia del Bodyscan e poi mi sento molto rilassato e riesco a studiare meglio”

“Non sono riuscito a fare le attività proposte, ma mi riprometto di recuperare”

Al termine siamo usciti nel bel giardino della scuola, ho spiegato la pratica della camminata consapevole e ci siamo messi in fila indiana. “Inspiro e alzo un piede, espiro e lo abbasso, così via. Oppure, se ci sono molti pensieri proviamo con un Koan, alzo il piede e penso – sto arrivando-, abbasso e penso – sono a casa -. La pratica richiede di rispettare le distanze, mantenere l’attenzione del movimento unito al respiro, osservare come reagisce la mente alla lentezza, all’assenza di scopo, al semplice camminare e respirare. Ho poi introdotto una variante, la camminata consapevole veloce: inspiro e conto 5 passi, espiro e conto 5 passi. I ragazzi si sono stupiti di poter camminare meditando. Ulteriore variante, camminata velocissima tipo quella di chi sta perdendo il treno o l’autobus, sempre contando, magari inspiro e conto dieci passi e lo stesso in espirazione. Risultato, fra i loro sorrisi: nessuno si è toccato o scontrato. Questo a dimostrare che se siamo consapevoli, se l’attenzione è presente siamo in grado di muoverci correttamente nello spazio. Breve feedback sulla difficoltà di andare lenti, senza una direzione precisa, ma anche aver sperimentato il piacere del camminare per il camminare, fra gli alberi, in pace. Rientrati in sala, ho ripreso la pratica della Stabilizzazione (grounding) e ho introdotto le altre fasi che vanno a comporre la pratica formale con il supporto del respiro.

La pratica si divide in quattro parti: Stabilizzazione, Radicamento, Riposo e Supporto. La Stabilizzazione prevede il conteggio (1–2-3-4) in inspirazione e lo stesso conteggio in espirazione. Aiuta a calmare le acque agitate della mente, a tranquillizzare pensieri e sensazioni. Radicamento significa portare l’attenzione alle sensazioni che giungono dal corpo, dove siamo seduti, caldo o freddo, il contatto degli abiti sulla pelle, piccole tensioni da andare a sciogliere, un rapido bodyscan o il portare il respiro ad una zona del corpo contratta. Al termine si osserva che, come il pavimento, ci sostiene incondizionatamente, così il corpo può sostenere la mente a Riposo, in pace, tranquilla, in silenzio.

Arriveranno presto sensazioni, pensieri a disturbare la quiete e allora entreremo nella quarta parte della pratica: il Supporto. In Mindfulness si usano spesso le metafore e ho spiegato ai ragazzi che il supporto è come un’ancora che permette alla nostra barchetta/mente di non allontanarsi troppo sospinta dalle onde/pensieri. Vi sono molteplici tipi di supporto, il respiro, il suono, un oggetto, un dolore, un pensiero e così via. Abbiamo sperimentato il respiro. La pratica è durata 15 minuti abbondanti e mi sono meravigliata della loro compostezza, seduti a gambe incrociate, fermi e stabili. Al termine Anne ha condotto la condivisione col gruppo, ricca di stimoli e di osservazioni sorte con la pratica. In seguito, ha fatto stendere i ragazzi e ha condotto la pratica chiamata “L’Autobus” dove si fanno notare come i pensieri disturbanti, negativi, siano passeggeri di un autobus guidato dal conducente, pensieri che cercano in ogni modo di ostacolare il viaggio sino a che il conducente osserverà che sono solo pensieri e nulla possono, che è possibile non ascoltare, non reagire e continuare il viaggio con fiducia e determinazione.

Chiara