“Chi sei tu?” disse il bruco?… Alice rispose, piuttosto timidamente: “Io, io quasi non lo so, signore, almeno al momento; quantomeno so chi ero quando mi sono alzata questa mattina, ma credo di essere cambiata più volte da allora”. (Lewis Carroll, Alice nel paese delle meraviglie)
“La forma più importante che un giardino può assumere – sosteneva di solito Capability Brown – è quella di un itinerario, il quale dovrebbe svilupparsi gradualmente in modo più simile ad un racconto, che non a un’unica immagine come accade a Versailles (immagine che si può cogliere con un unico colpo d’occhio dalla finestra della camera da letto del re). Invece di quell’unica impressione di ampio respiro – un’impressione di potenza regale, che poi è la storia principale che Versailles ha da raccontare-, dovrebbe esserci una successione di impressioni più circoscritte: scene di mistero, malinconia, amore romantico, umorismo e anche di terrore sublime, tutte legate dal sentiero del giardino. […] è stato quando ho afferrato il suo itinerario che il mio giardino ha assunto una forma definita, che ha cominciato a sembrare un vero giardino”. (Michael Pollan, Una seconda natura)
“Parlare di giardino o di paesaggio al Collège de France significa considerare il giardino e il paesaggio come un insieme che può essere insegnato in forma di corso. Dal mio punto di vista il giardino non si insegna, è lui l’insegnante. Devo tutto quel che so al tempo trascorso nella pratica e nell’osservazione del giardino. […] Tuttavia queste pratiche sul campo, alle quali devo tutto, poggiano su un alfabeto del sapere cui ciascuno di noi dovrebbe avere accesso. Ciò avviene tramite quelli che per l’appunto chiamiamo corsi, necessari per accedere all’esperienza. […] Laboratorio: un insieme di energie incrociate, nel quale gli insegnanti, insegnati dagli studenti e dalla stessa pratica, si limitano a correggere le traiettorie della potenza creativa per rafforzare la coerenza e la chiarezza del pensiero. Devo dunque ringraziare il Collège de France per avermi invitato a svolgere un esercizio nuovo: consegnare il patrimonio dei nostri dubbi a chi, venuto da studente, potrebbe alla fine scoprirsi giardiniere”. (Gilles Clément, Giardini, paesaggio e genio naturale)
Cosa può significare praticare le idee del giardino con l’attraversamento dei saperi del corpo? Non è il corpo stesso una delle possibili declinazioni del giardino e viceversa? Quale relazione intercorre tra le due categorie? Si rifletta in prima battuta su corpo e giardino come espressioni di entità dinamiche, la cui unica costante è di fatto cambiamento costante durante tutta la durata del loro ciclo vitale ed oltre. Si aggiunga a ciò la natura eminentemente esperienziale dei due mondi e quel procedere per pratiche percettive e quindi di riflessioni. Quel procedere appunto per tappe, per quella serie di impressioni circoscritte, come scrive Pollan nel suo testo.
La scelta di questi tre testi rivela lo spirito alla base dell’ideazione di questo laboratorio: laboratorio come itinerario, come luogo di ricerca, come farsi di un giardino di cui non conosciamo ancora il genio.
Leggendo il testo di Gilles Clément in classe, ho chiesto ai ragazzi di sostituire la parola corpo alla parola giardino e la parola mover (termine mutuato dalla Post Modern Dance americana che qui utilizziamo per definire il ricercatore somatico) alla parola giardiniere. Quel che si può dire dell’uno si può dire dell’altro! Clément delinea per noi gli assunti centrali di cosa significhi sperimentare e praticare corpo e movimento, ma anche l’attitudine con la quale approcciarsi a queste esplorazioni ed eventualmente guidarle. Lasciamo che corpo e giardino siano i nostri insegnanti, lasciamo che queste esplorazioni siano bene comune, non circoscritto alla categoria degli specialisti. Lasciamo che corpo e giardino siano luoghi dove incontrare il mistero e le regole della natura a metà strada.